“Ti imbarcheresti su un aereo privo di indicatori del livello del carburante?”
Se la risposta è NO, come mai continuiamo a far funzionare le nostre economie senza avere a disposizione un indicatore equivalente?
Se i budget della Natura è limitato, perché non ci preoccupiamo di misurarlo?
Con questa frase introduttiva vogliamo introdurre il concetto di “impronta ecologica” a cui è legato in modo indissolubile il termine di “biocapacità”, ossia il potere biologico del nostro pianeta di rigenerare e far riprodurre la materia vegetale.
La produttività primaria è la fonte di tutte le forme di vita, compresa quella umana e il modo in cui la gestiamo, in un periodo di cambiamenti climatici e di scarsità di risorse, diventa sempre più determinante per il futuro dell’umanità.
Per questo motivo l’intento è quello di cercare di sensibilizzare tutti, ma soprattutto i boscaioli, le guardie forestali, i contadini, gli ambientalisti e tutti coloro che hanno potere decisionale in ambito politico ed amministrativo.
L’impronta è un sistema di misura trasparente delle prestazioni delle politiche e delle implicazioni della varie decisioni in ambito pubblico e può essere pertanto uno strumento importante da utilizzare sia per i cittadini che per gli amministratori per pianificare e progettare il futuro in cui decidono di vivere.
Da cosa dipende l’amnesia collettiva che ci porta a dimenticare che la creazione di beni dipende dalla disponibilità delle nostre risorse?
L’umanità ha abusato del budget della natura (cioè della biocapacità del pianeta) del 75% del 2019.
In altri termini, l’umanità utilizza oggi la natura il 75% più in fretta di quanto riesce a rinnovarsi.
Questo avviene oggi che abbiamo raggiunto la popolazione mondiale di 8 miliardi di persone, ma cosa avverrà nel 2050 quando saremo probabilmente in 10 milioni di abitanti sulla terra?
Stiamo di fatto attraversando una serie di crisi, quella della carenza d’acqua, di risorse energetiche, del clima, delle riserve ittiche e del cibo, tutte crisi che hanno la medesima causa attribuibile alla nostra inesauribile fame di risorse.
L’impronta ecologica è ormai diventato il termine più utilizzato a livello mondiale per rappresentare l’impatto ecologico del comportamento umano.
E’ uno dei metodi studiati per comprendere e valutare numericamente il complesso e articolato rapporto che la società umana ha sul sistema natura, basato sull’analisi dei flussi di materia ed energia utilizzata dall’umanità.
Analogamente a quanto facciamo in ambito economico per cui conosciamo esattamente il valore monetario di ogni bene e decidiamo cosa possiamo permetterci oppure no in base al budget economico, possiamo finalmente calcolare quale è il nostro budget della natura e quindi decidere quanta natura possiamo permetterci di consumare, dato che anche il budget della natura è limitato.
Ciascuno di noi, grande o piccolo che sia, ha una impronta ecologica.
La “quantità” di natura di cui le persone hanno bisogno dipende da cosa mangiano, da cosa indossano, da come è fatta la loro casa, da come si spostano e da come smaltiscono i loro rifiuti.
Sono tutte cose che possono essere misurate.
Questi dati permettono di determinare la quantità di suolo e acqua necessari per coltivare il cibo, produrre le fibre per l’abbigliamento, costruire le case per dare riparo alle persone e assorbire i loro rifiuti. Possiamo misurare l’anidride carbonica prodotta dalla combustione di carbone, gas naturale e petrolio.
Per comprendere come funziona l’impronta ecologica, pensiamo a una fattoria.
L’area produttiva di una fattoria equivale alla sua biocapacità.
Ciò che può produrre e determinato dall’area (superficie) e dalla sua produttività del terreno.
L’impronta ecologica stima quanta “fattoria” serve per produrre ciò che consumiamo, così nello stesso modo possiamo considerare il pianeta come una enorme fattoria globale.
Dai calcoli risulta che stiamo gestendo questa enorme fattoria in modo squilibrato, poiché la nostra domanda collettiva supera di almeno 70% la capacità rigenerativa degli ecosistemi planetari.
Analogamente al denaro, l’impronta ecologica è uno strumento con il quale possiamo misurare di quanta biocapacità, ossia di quanta natura, ha bisogno una persona.
Così quello che è l’euro o il dollaro sono per il denaro, l’ettaro (l’ettaro globale) lo è per l’impronta ecologica.
Esaurire la capacità biologica non è molto diverso dal finire i soldi.
Ci comportiamo come se la natura fosse infinita, con un’inesauribile capacità di fornire ricchezza all’umanità.
Possiamo pertanto considerare il mondo come se fosse una fattoria e calcolare per ogni paese un valore che indica il consumo medio di risorse naturali dei suoi residenti.
I dati più aggiornati dell’impronta ecologica riferiti a 220 paesi inclusi nelle statistiche delle Nazioni Unite sono state pubblicate nel 2019.
Secondo questi calcoli possiamo vedere che ci sono paesi con un basso valore di impronta, ma molti altri paesi con valori alti (Italia, Francia Germania, Svizzera, Giappone) o altissimi (Austria, Norvegia, Belgio, Finlandia, Svezia) e altri ancora con un valore esageratamente elevato (Australia, Danimarca, Mongolia, Canada, USA, Emirati Arabi, Lussemburgo e Qatar).
Si trovano gratuitamente on line diversi “calcolatori” che consentono di calcolare in modo facile la propria impronta.
E’ sufficiente rispondere ad alcune semplici domande (quiz) sulle abitudini di vita che ognuno conduce e come risposta otterremo un valore approssimato della propria impronta, incluso il calcolo di quante “terre” (inteso come pianeti terra) servirebbero se tutti vivessero come voi.
E’ cosi possibile calcolare anche la data chiamata “Earth Overshoot Day”, ossia in quale giorno e mese dell’anno abbiamo “terminato” la natura se tutti gli abitanti della Terra vivessero come voi.
ETTARO GLOBALE (ETTARO EQUIVALENTE)
La metafora della “fattoria” sopra citata può essere tradotta in un sistema di contabilità scientifico.
La contabilità dell’Impronta ecologica si basa su milioni di dati ricavati da satelliti, statistiche commerciali, censimenti e questionari.
Oggi, il Global Footprint Network calcola l’Impronta ecologica di 220 paesi, a cui viene associato un numero che indica il consumo medio di risorse naturali dei suoi residenti.
Per calcolare questo valore si considera la superficie (ettaro) utilizzata per produrre quanto “necessario” alla vita dell’uomo.
Queste superfici sono distinte in 6 principali categorie di aree ecologicamente produttive, ossia:
1) Terreni agricoli: sono i terreni al punto di vista ecologico più produttivi perché sono in grado di generare la maggior parte della biomassa vegetale. Nel mondo si calcola che ci siano meno di 0,25 ettari pro capite di terra produttiva;
2) Pascoli: sono terreni utilizzati per l’allenamento dei bovini e animali da latte. Sono meno produttivi rispetto ai terreni agricoli perché hanno un potenziale di accumulo di biomassa molto inferiore. Si calcola che vi siano 3,35 miliardi di ettari che equivalgono a 0,6 ettari per persona.
3) Foreste: si intende tanto il terreno coltivato quanto quello naturale in grado di produrre legname, oltre che compiere funzioni quali la difesa dall’’erosione, stabilizzazione del clima, conservazione dei cicli idrologici e conservazione della biodiversità. I 3,44 miliardi di ettari rappresentano 0,6 ettari pro capite.
4) Aree marine: la produzione di cibo ottenuta dalle aree marine è molto limitata ed è ormai al limite massimo di produttività. I 36,6 miliardi di ettari del pianeta rappresentano 0,6 ettari pro capite;
5) Aree edificate: sono le aree che ospitano gli insediamenti umani e le strade. Sono superfici “rubate” ai terreni che precedentemente erano agricoli e che ora sono persi irrevocabilmente. Rappresentano 0,03 ettari pro capite.
6) Terre per l’energia derivata da combustibile fossile: sono superfici che dovremmo riservare all’assorbimento della anidride carbonica e che oggi non facciamo. Questo valore è praticamente nullo al momento.
Sommando queste superfici si ottiene circa 2,0 ettari pro capite, ma dobbiamo tenere conto anche delle specie animali con cui condividiamo il pianeta.
Di questi 2,0 ettari equivalenti di aree biologicamente produttive esistenti sul pianeta, tenendo conto che dovremmo preservare a “garanzia” della biodiversità almeno il 12% di queste aree, si ottiene che sono disponibili per l’uomo solamente 1,7 ettari pro capite di suolo.
Abbiamo in pratica tradotto ogni area in ettari globali standard con una produttività media mondiale o con un un potenziale di crescita.
Questi ettari globali diventano la “valuta” che ci consente di mettere sullo stesso piano tutti gli ettari.
Questo valore si ridurrà, senza tenere conto del degrado ecologico ulteriore, a 1,0 ettari pro capite quando la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi.
Moltiplicando tale valore per la popolazione di ogni nazione si ottiene l’impronta ecologica nazionale di ogni paese.
Possiamo invece calcolare la nostra personale Impronta ecologica semplicemente inserendo i dati riferiti alle nostre abitudini di vita, basate sulle abitudini alimentari, su come ci muoviamo e su come utilizziamo quotidianamente le fonti energetiche.
Clicca sotto uno dei link per procede al calcolo della tua Impronta ecologica: